La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3857 del 8 febbraio interviene in merito al concetto di servizi pre acquisiti ai fini dell’applicazione del regime IVA   74ter previsto per le Agenzie di Viaggio ed i Tour Operator.

Nel caso  trattato dalla suprema Corte, un’agenzia di viaggi aveva opzionato alcuni servizi turistici con varie strutture alberghiere per un certo periodo, con l’intento di rivenderli  a propri clienti. L’agenzia esercitava il proprio diritto di opzione e concludeva contratti con i propri clienti  per la vendita di detti, applicando su tali operazioni il regime speciale IVA previsto dall’art. 74/ter del DPR 633/1972.

L’agenzia delle Entrate contestava tale comportamento, ritenendo che  tale regime non fosse applicabile alla fattispecie, in quanto il diritto di opzione contrattualizato non conferiva all’Agenzia  “la disponibilità giuridica del diritto o del bene oggetto del successivo contratto”. Doveva perciò considerarsi che questi avesse agito quale mero mandatario tra il tour operator e la struttura alberghiera o il vettore.

Di diverso avviso la suprema Corte che dopo una esaudiente disamina conclude:

“In conclusione, può enunciarsi il seguente principio di diritto, secondo cui «in materia di IVA, l’art. 74/ter co. 5-bis, ai fini dell’applicazione del regime IVA agevolato di cui all’art. 74/ter co. 1, del DPR n. 633/72, non richiede che l’agenzia di viaggi acquisti preventivamente la titolarità del servizio turistico, limitandosi, con termine generico, a richiedere che ne abbia acquisito la disponibilità anteriormente alla richiesta del cliente, come nel caso in cui l’agenzia, anteriormente alla richiesta del proprio cliente, ha acquisito dalla struttura alberghiera il diritto di opzione temporanea sulle camere di albergo e sui servizi turistici ulteriori che, suo tramite, saranno erogabili ai clienti».

Rientrano pertanto nel regime IVA speciale l’acquisto di posti letto in albergo secondo il contratto di  “allotment” nonchè  l’acquisto di servizi con opzioni temporanee.

 

Il testo completo della sentenza:

Cassazione 8.2.2022 n. 3857

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8781/2012 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate, Direzione centrale, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
P.P., rappresentato e difeso dagli avv.ti [Omissis], presso cui elettivamente domicilia in Roma alla via [Omissis];
– controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n.63/1/11 della Commissione tributaria regionale della Toscana, emessa il 17 gennaio 2011, depositata il 9 febbraio 2011 e non notificata.
Lette le conclusioni del sostituto procuratore generale, [Omissis], depositate ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, del DL 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, con cui si chiede il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

Fatti di causa

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi contro P.P. per la cassazione della sentenza n. 63/1/11 della Commissione tributaria regionale della Toscana, emessa il 17 gennaio 2011, depositata il 9 febbraio 2011 e non notificata, che ha accolto parzialmente l’appello principale del contribuente, rigettando quello incidentale dell’ufficio.
2. Con la sentenza impugnata, la CTR della Toscana ha ritenuto che le operazioni concluse sulla base di un patto di opzione fossero soggette ad Iva, secondo il regime di cui all’art. 74-ter DPR n. 633/72, che le spese relative alle forniture di vini ed alla prestazione di opere idrauliche all’Hotel Puccini costituissero spese di rappresentanza, che, invece, costituissero spese di pubblicità quelle relative all’acquisto di felpe, magliette e gadget con logo personalizzato.
In particolare, sul presupposto che P.P. gestisse un’agenzia di viaggi, il giudice di appello, in virtù del richiamo effettuato dal successivo comma 5-bis, ha ritenuto applicabile il regime fiscale agevolato di cui al comma 5 dell’art. 74-ter DPR n. 633/72 alla fattispecie in esame, relativa ad operazioni realizzate sulla base di un patto di opzione, concluso dal contribuente con alcune strutture alberghiere per i periodi indicati dai tour operator per i pacchetti turistici da offrire alla propria clientela.
Secondo l’Agenzia ricorrente, invece, il P. era da considerarsi come mandatario senza rappresentanza, mero intermediario tra il tour operator e la struttura alberghiera; di conseguenza alle operazioni si doveva applicare il metodo ordinario di detrazione da imposta ad imposta.
3. A seguito del ricorso, P.P. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale, affidato a quattro motivi, tutti relativi alle percentuali di ricarico applicate dall’ufficio ed all’illegittimo ed ingiustificato ricorso all’accertamento induttivo del reddito.
4. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 13 dicembre 2018, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380-bis 1, c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal DL 31.8.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria.
In data 29.11.2018 il ricorrente ha depositato istanza di sospensione ai sensi dell’art. 6, comma 10, DL n. 119/2018 ed il giudizio è stato sospeso con rinvio a nuovo ruolo.
Successivamente, il contribuente, non avendo aderito alla definizione agevolata, ha presentato istanza di trattazione ed il ricorso è stato fissato per l’udienza pubblica del 7 dicembre 2021.
Il Procuratore generale, T.B., ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso principale ed incidentale.

Motivi della decisione

1.1. Preliminarmente, deve rilevarsi che non risulta depositata alcuna documentazione attestante la presentazione della domanda di definizione agevolata e la quietanza di pagamento dell’importo previsto per il perfezionamento della definizione, ai sensi dei commi 8, 9 e 10 dell’art. 6 del DL 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136; pertanto deve passarsi all’esame del ricorso.
Sempre preliminarmente, deve rilevarsi l’ammissibilità del ricorso principale, che, sebbene riporti integralmente il contenuto dell’avviso di accertamento ed il testo delle pronunce di primo e secondo grado, non è privo dell’enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni (cfr. da ultimo Cass. n. 26837/2020, secondo cui è inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza, il ricorso redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti, quando sia demandato all’interprete di ricercare gli elementi rilevanti all’interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte, evenienza che non ricorre nel caso di specie).
Né si pone alcun problema d’inammissibilità del ricorso, tempestivamente notificato entro il termine lungo del 26 marzo 2012 come pacificamente riconosciuto dalle parti.
Tale ricorso, come si è detto tempestivamente notificato, ha validamente introdotto il giudizio di legittimità, a nulla rilevando la proposizione di una seconda impugnazione, notificata successivamente alla scadenza dei termini di cui all’art. 327 c.p.c., in quanto il principio di consumazione del potere d’impugnazione, invocato dal controricorrente, si ricollega all’esito del gravame dichiarato inammissibile e/o improcedibile.
Essendo stata la sentenza della CTR validamente impugnata sulla statuizione relativa all’applicabilità del regime agevolativo di cui all’art. 74-ter del DPR n. 633/72, nessun giudicato interno si è formato sul punto.
1.2. Con il primo motivo, la ricorrente principale denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 74-ter DPR 26 ottobre 1972 n. 633 e dell’art. 1331 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Secondo la ricorrente erroneamente la CTR aveva ritenuto l’applicabilità alla fattispecie in esame del regime agevolato di cui al quinto comma dell’art. 74-ter DPR 26 ottobre 1972 n. 633, in virtù del richiamo del successivo comma 5-bis.
La ricorrente sostiene che, alla luce della richiamata normativa, il regime agevolato in materia di Iva ricorre quando l’agenzia di viaggio abbia commercializzato un pacchetto turistico che si trovava già nella sua disponibilità anteriormente alla richiesta del cliente, mentre non sarebbe applicabile quando i servizi non sono ancora nella disponibilità dell’agente, oppure quando l’agenzia agisce in nome e per conto dei clienti presso i tour operator, oppure i servizi siano venduti singolarmente.
Nel caso di specie, il patto di opzione, intercorrente tra l’agente e le strutture alberghiere o i vettori, aveva solo l’effetto di rendere irrevocabile la proposta contrattuale del proponente, conferendo al beneficiario il diritto di opzione nel termine fissato contrattualmente, ma non la disponibilità giuridica del diritto o del bene oggetto del successivo contratto, tanto che, nel caso di alienazione ad un terzo di buona fede del bene opzionato, il beneficiario avrebbe potuto esperire nei confronti del proponente solo un’azione risarcitoria.
Secondo la ricorrente, dunque, il contribuente aveva agito in veste di mero mandatario senza rappresentanza, intermediatore tra il tour operator e la struttura alberghiera o il vettore, concludendo l’accordo contrattuale solo dopo aver ricevuto richiesta specifica dal tour operator a seguito di prenotazione del cliente.
Con il secondo motivo, la ricorrente principale denunzia, ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, consistenti nelle concrete modalità operative dell’attività commerciale del contribuente.
In particolare, l’Agenzia ricorrente deduce che la sentenza impugnata presenterebbe una motivazione gravemente insufficiente, laddove ha considerato acclarata la circostanza della disponibilità dei servizi turistici a seguito della mera conclusione di un patto di opzione tra il sig. P. e gli albergatori e vettori, prima della formalizzazione dell’ordine di acquisto da parte dei tour operator, clienti del contribuente.
1.3. I motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati e vanno rigettati.
Ai sensi del primo comma dell’art. 74-ter DPR n. 633/72, vigente ratione temporis, «1. Le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e di turismo per la organizzazione di pacchetti turistici costituiti, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111, da viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi, verso il pagamento di un corrispettivo globale sono considerate come una prestazione di servizi unica. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche qualora le suddette prestazioni siano rese dalle agenzie di viaggio e turismo tramite mandatari; le stesse disposizioni non si applicano alle agenzie di viaggio e turismo che agiscono in nome e per conto dei clienti».
A mente dei successivi commi 5 e 5-bis «5. Per le prestazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo che agiscono in nome e per conto proprio relative a pacchetti turistici organizzati da altri soggetti e per le prestazioni dei mandatari senza rappresentanza di cui al secondo periodo del comma 1, l’imposta si applica sulla differenza, al netto dell’imposta, tra il prezzo del pacchetto turistico ed il corrispettivo dovuto all’agenzia di viaggio e turismo, comprensivi dell’imposta.
5-bis. Per le operazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo relative a prestazioni di servizi turistici effettuati da altri soggetti, che non possono essere considerati pacchetti turistici ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111, qualora precedentemente acquisite nella disponibilità dell’agenzia, l’imposta si applica, sempreché dovuta, con le stesse modalità previste dal comma 5» (quest’ultimo comma introdotto, con effetto dall’ 1.1.1998, dall’articolo 1, comma 1, lettera h), del DLgs. 23 marzo 1998, n. 56).
Dunque, il regime di cui all’art. 74-ter si applica alle vendite in proprio o tramite mandatari con rappresentanza di pacchetti turistici (in materia di “vacanze studio” è intervenuta la Corte di giustizia con la sentenza di cui alla causa C-200/04 del 13 ottobre 2005, secondo cui il regime speciale si riferisce, ai sensi dell’art. 306 della Direttiva n. 2006/112/CE, corrispondente all’art. 26, par. 1, dell’abrogata VI Direttiva CEE, alle operazioni delle agenzie di viaggio che agiscono in nome proprio nei confronti del viaggiatore e utilizzano, per l’esecuzione del viaggio, cessioni di beni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi IVA).
Tale regime speciale non si applica alla fornitura delle singole prestazioni, fatta eccezione per l’acquisizione, indipendentemente da una richiesta specifica, di singoli servizi, in seguito ceduti al cliente.
Pertanto, anche i servizi singoli rientrano nella disciplina dei pacchetti turistici qualora siano resi da altri soggetti e siano stati “acquisiti nella disponibilità” dalle agenzie prima di una specifica richiesta del cliente.
Invero, il comma 5-bis dell’art. 74-ter stabilisce che per le operazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo relative a prestazioni di servizi turistici effettuati da altri soggetti, che non possono essere considerati pacchetti turistici, l’imposta si applica sulla differenza, al netto dell’IVA, tra il prezzo del servizio ed il corrispettivo dovuto all’agenzia di viaggio e turismo, qualora tali prestazioni siano state “precedentemente acquisite nella disponibilità dell’agenzia”.
La norma è ribadita dall’art. 1, comma 3, DM 30.7.1999, n. 340, il quale precisa che il predetto regime speciale trova applicazione, nei casi di cui sopra, allorché i servizi turistici (non riconducibili fra i pacchetti turistici) siano resi da altri soggetti e acquisiti “nella disponibilità delle agenzie anteriormente ad una specifica richiesta del viaggiatore”.
Il presupposto per l’applicazione della norma si rinviene nella circostanza che il servizio turistico che viene compravenduto sia reso da altri soggetti (ad esempio una struttura alberghiera) e sia stato acquisito nella disponibilità dell’agenzia precedentemente ad una specifica richiesta del cliente.
Sia la norma primaria che il decreto ministeriale non richiedono che l’agenzia di viaggi abbia “acquistato” il servizio oggetto di rivendita al cliente, ma soltanto che il medesimo sia stato “acquisito nella disponibilità” dell’agenzia di viaggi, “anteriormente ad una specifica richiesta del viaggiatore”.
In particolare, l’espressione: «precedentemente acquisite nella disponibilità dell’agenzia» deve intendersi come messa a disposizione del servizio da parte del fornitore all’agenzia, prima della vendita al cliente effettuata da quest’ultima. Tale espressione porta ad escludere che sia richiesto l’acquisto definitivo da parte dell’agenzia di viaggio del servizio turistico, ben potendosi rapportare il concetto di disponibilità alla possibilità di esercitare un diritto di opzione temporanea, in base agli accordi raggiunti con il fornitore.
Alla luce della suddetta normativa, un servizio turistico può ritenersi “acquisito nella disponibilità” dell’agenzia quando questa può effettivamente disporne a favore dei propri clienti in via esclusiva e senza necessità di autorizzazioni (come, ad esempio, nel caso in cui l’agenzia di viaggi non abbia la necessità della conferma della disponibilità delle camere).
Dunque, deve ritenersi applicabile il regime speciale nel caso in cui un albergo assicuri all’agenzia temporaneamente la disponibilità di un certo numero di stanze; in tal caso, fino al termine finale di disponibilità delle camere, l’agenzia può disporre liberamente delle camere stesse, senza dovere volta per volta richiedere autorizzazioni di sorta all’albergo mentre nel medesimo periodo l’albergo non può disporre delle camere, in quanto le medesime sono nella disponibilità dell’agenzia di viaggi.
Di conseguenza, la struttura alberghiera concedente, laddove cedesse a terzi, diversi dall’opzionario, le camere oggetto del patto di opzione, incorrerebbe in responsabilità (secondo alcuni contrattuale, o precontrattuale secondo altri) nei riguardi dello stesso opzionario, non potendo – se non illecitamente – cedere a terzi il bene oggetto di opzione, né porre in essere atti che pregiudichino il trasferimento del medesimo bene, nello stato di fatto e di diritto in cui versa al momento della conclusione del correlativo patto.
Solo allo scadere del termine pattuito, le camere non utilizzate dall’agenzia ritorneranno nella disponibilità dell’albergo, che potrà liberamente farne uso, mentre, da qual momento in poi, l’agenzia non avrà più la disponibilità del servizio.
È questo è il caso in cui l’agenzia acquista dei singoli servizi, che poi cede a clienti, indipendentemente da una specifica richiesta, quali, ad esempio, l’acquisto da parte dell’agenzia di posti letto in albergo o su voli charter con “allotment”, ma anche l’acquisto di altri servizi con opzioni temporanee.
In tali casi, l’imposta si applica sulla «differenza, al netto del tributo, tra il corrispettivo dovuto all’agenzia di viaggio e turismo ed il costo del servizio turistico, comprensivi dell’imposta» (art. 74-ter DPR n. 633/72 ed art. 1, comma 3, DM 30.7.1999, n. 340).
Invece, il particolare regime di determinazione del tributo non si applica alle agenzie di viaggio che svolgono attività di mera intermediazione nei confronti dei clienti, cioè che agiscono in nome e per conto dei viaggiatori, rendendosi applicabile in tale ipotesi l’ordinario criterio di determinazione dell’imposta fondato sul sistema detrattivo «imposta da imposta».
In tale categoria di operazioni rientrano, a titolo esemplificativo, le prenotazioni di alberghi, le prenotazioni di viaggi, la vendita di biglietti di trasporto, i servizi relativi alla vidimazione dei passaporti e similari. Analogamente lo stesso regime speciale non si applica ai servizi effettuati direttamente dagli organizzatori avvalendosi delle proprie strutture aziendali (alberghi, ristoranti, mezzi di trasporto ecc.), ma solo a quelli resi da terzi.
Nel caso di specie, secondo la ricostruzione fattuale fornita dalla stessa Agenzia ricorrente, il sig. P. era in contatto con alcuni tour operator che, di solito all’inizio dell’anno, gli comunicavano i periodi nei quali intendevano organizzare i pacchetti turistici da offrire alla clientela.
Sulla base di tale comunicazione, il sig. P. opzionava, con o senza corrispettivo, un certo numero di servizi turistici presso albergatori e vettori per un determinato periodo.
Una volta che i tour operator ricevevano dai clienti la richiesta del pacchetto turistico, comunicavano le proprie specifiche richieste al sig. P., il quale esercitava il proprio diritto di opzione e successivamente concludeva accordi contrattuali con i tour operator aventi ad oggetto l’erogazione del servizio turistico precedentemente opzionato.
Per effetto della conclusione del patto di opzione, spesso oneroso, tra la struttura alberghiera e l’agenzia di viaggi, la prima formulava la proposta (irrevocabile) per la stipula del contratto di albergo e la seconda, indipendentemente da una specifica richiesta dei clienti, acquisiva la facoltà di accettare o meno tale proposta alle condizioni stabilite.
Da un lato, il concedente – nel caso di specie la struttura alberghiera – rimaneva vincolato alla propria proposta irrevocabile di cessione delle camere, dall’altro il contribuente opzionario era titolare del diritto potestativo di esercitare l’opzione con la conseguente conclusione del contratto.
Deve, quindi, ritenersi che, nella fattispecie in esame, il patto di opzione attribuisse al contribuente la generica “disponibilità” dei servizi di alloggio, richiesta dall’art. 74, co. 5-bis, per l’applicazione del particolare regime di imposta ai fini dell’IVA.
In conclusione, può enunciarsi il seguente principio di diritto, secondo cui «in materia di IVA, l’art. 74-ter, co. 5-bis, ai fini dell’applicazione del regime IVA agevolato di cui all’art. 74-ter, co. 1, del DPR n. 633/72, non richiede che l’agenzia di viaggi acquisti preventivamente la titolarità del servizio turistico, limitandosi, con termine generico, a richiedere che ne abbia acquisito la disponibilità anteriormente alla richiesta del cliente, come nel caso in cui l’agenzia, anteriormente alla richiesta del proprio cliente, ha acquisito dalla struttura alberghiera il diritto di opzione temporanea sulle camere di albergo e sui servizi turistici ulteriori che, suo tramite, saranno erogabili ai clienti».
La decisione impugnata, essendosi attenuta a tale principio, non incorre nella denunziata violazione di legge, né nel vizio motivazionale, di cui alla censura ex art. 360, n. 5, c.p.c., non essendovi, come si è detto, una contrasto tra le parti circa la ricostruzione dei fatti decisivi per il giudizio.
2.1. Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo, il contribuente denunzia la nullità della sentenza impugnata per la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
Secondo il contribuente, la sentenza impugnata avrebbe del tutto omesso di pronunciare sugli specifici motivi di appello, che censuravano la pronuncia di primo grado per non aver riconosciuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione in ordine alla quantificazione dei presunti maggiori ricavi e per il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’ufficio.
Il motivo è infondato, in quanto il giudice di appello ha espressamente confermato la sentenza di primo grado, che aveva ridotto i maggiori ricavi accertati dall’ufficio; non ricorre, dunque, il vizio di omessa pronuncia sui motivi di appello, il cui mancato esame analitico potrebbe eventualmente farsi valere eventualmente come violazione di legge e difetto di motivazione.
2.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, il contribuente denunzia la nullità della sentenza impugnata per la violazione dell’art. 36 DLgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e dell’art. 132, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
Secondo il contribuente, l’adesione della decisione impugnata alla pronuncia di primo grado in ordine ai maggiori ricavi non dichiarati non sarebbe idoneamente motivata in relazione ai motivi di appello, che evidenziavano una serie di elementi valutabili a favore del contribuente.
Il contribuente, a sostegno della doglianza, deduce l’insussistenza del presupposto a base della presunzione di occultamento dei ricavi (determinati dall’ufficio sulla considerazione che vi erano acquisti per i quali non era reperibile una corrispondente entrata) in considerazione dell’asserita attività di intermediazione, nonché la congruità rispetto agli studi di settore.
Con il terzo motivo del ricorso incidentale, il contribuente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d), DPR 29 settembre 1973, n. 600, e 54 DPR 26 ottobre 1972 n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Il contribuente deduce di aver contestato, con l’atto di appello, la necessaria corrispondenza dei ricavi agli acquisti, non svolgendo l’agenzia di viaggi mera attività di intermediazione, nonché di aver evidenziato la congruità dei ricavi dichiarati agli studi di settore.
Con il quarto motivo del ricorso incidentale, il contribuente denunzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa in fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Secondo il contribuente, la pronuncia di appello motiva la conferma della statuizione, in parte qua, della sentenza resa dalla Commissione provinciale, sulla considerazione che la stessa è fondata «su uno specifico esame degli atti cui le parti hinc inde appellanti non hanno contrapposto considerazioni convincenti».
Il rinvio alla motivazione della sentenza resa dalla Commissione provinciale non varrebbe a spiegare le ragioni per le quali i vari motivi di appello svolti, sulla questione dei presunti ricavi non dichiarati, non sarebbero stati idonei a giustificare la riforma della pronuncia di prime cure; comunque la motivazione della pronuncia gravata sarebbe contraddittoria, in quanto il giudice di appello, avendo ritenuto l’applicabilità del regime speciale IVA di cui all’art. 74-ter, co. 5-bis del DPR n. 633/72, ha escluso che l’attività del contribuente potesse essere qualificata come di mera intermediazione ed, in quanto tale, presupposto del recupero automatico dei maggiori ricavi.
I motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati e vanno rigettati.
II contribuente ritiene che la CTR, nel confermare la sentenza di primo grado, non abbia sufficientemente motivato in ordine al rigetto dei motivi di appello, per altro neanche dettagliatamente riportati, relativi alla determinazione dei maggiori ricavi non dichiarati, che l’ufficio aveva dedotto dalla sussistenza di acquisti per i quali non era reperibile una corrispondente entrata.
La sentenza della CTR sul punto non presenta alcuna contraddittorietà, poiché, come si è visto, risulta pacifico che l’acquisto dei servizi turistici, già in precedenza opzionati dal contribuente, avvenisse solo a seguito di richiesta specifica del cliente, per cui appare logica la conclusione, cui è pervenuto il giudice di merito nel confermare, sia pure in parte, l’accertamento dell’ufficio, che ad ogni acquisto dovesse, in linea di massima, corrispondere un’entrata.
In ordine poi, alla quantificazione dei ricavi non dichiarati, lo stesso contribuente afferma che l’ufficio ha applicato il ricarico medio ponderato desumibile dalla documentazione contabile per i diversi periodi di imposta, né deduce di aver specificamente contestato il criterio applicato nei precedenti gradi di giudizio.
Per quanto detto, il ricorso principale e quello incidentale vanno rigettati.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa tra le parti le spese di lite.

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